Amnesty International: oltre 20.000 prigionieri nei bracci della morte.
Secondo i dati sull’applicazione della pena di morte nel mondo, diffusi oggi dall’organizzazione per i diritti umani, nel 2005 sono state messe a morte almeno 2.148 persone in 22 paesi. Il 94% delle esecuzioni ha avuto luogo in Cina, Iran, Arabia Saudita e Usa.
Lo scorso anno sono state emesse 5.186 condanne a morte in 53 paesi. Le informazioni in possesso di Amnesty International evidenziano che in Cina vi sarebbero state circa 1.770 esecuzioni. Ma il numero effettivo potrebbe essere molto più alto: secondo un esperto legale cinese, sarebbero circa 8.000 i prigionieri messi a morte nel paese ogni anno.
Nel corso del 2005 in Iran sono stati messi a morte almeno 94 prigionieri, in Arabia Saudita almeno 86. In entrambi i paesi, i dati reali potrebbero essere più alti. Sono invece 60 le esecuzioni registrate in Usa, più di 1.000 dal 1976, anno della reintroduzione della pena capitale. Tuttavia, i dati resi pubblici oggi sono approssimativi a causa del segreto che circonda l’applicazione della pena di morte. Molti governi, come quello cinese, rifiutano di pubblicare statistiche ufficiali sulle esecuzioni, in paesi come il Vietnam le informazioni su questo argomento sono considerate ‘segreto di Stato’. Il rapporto di Amnesty International mette in luce, inoltre, le conseguenze mortali dei processi iniqui. In Giappone, diverse persone sono state condannate a morte dopo essere state sottoposte a maltrattamenti, costrette a confessare crimini mai commessi. In paesi come la Bielorussia e l'Uzbekistan un sistema penale pieno di falle e minato dalla corruzione crea terreno fertile per errori giudiziari. Secondo denunce attendibili, le esecuzioni in Uzbekistan avvengono spesso dopo processi iniqui, a seguito di maltrattamenti e torture con lo scopo di estorcere confessioni.
Lo scorso anno sono state emesse 5.186 condanne a morte in 53 paesi. Le informazioni in possesso di Amnesty International evidenziano che in Cina vi sarebbero state circa 1.770 esecuzioni. Ma il numero effettivo potrebbe essere molto più alto: secondo un esperto legale cinese, sarebbero circa 8.000 i prigionieri messi a morte nel paese ogni anno.
Nel corso del 2005 in Iran sono stati messi a morte almeno 94 prigionieri, in Arabia Saudita almeno 86. In entrambi i paesi, i dati reali potrebbero essere più alti. Sono invece 60 le esecuzioni registrate in Usa, più di 1.000 dal 1976, anno della reintroduzione della pena capitale. Tuttavia, i dati resi pubblici oggi sono approssimativi a causa del segreto che circonda l’applicazione della pena di morte. Molti governi, come quello cinese, rifiutano di pubblicare statistiche ufficiali sulle esecuzioni, in paesi come il Vietnam le informazioni su questo argomento sono considerate ‘segreto di Stato’. Il rapporto di Amnesty International mette in luce, inoltre, le conseguenze mortali dei processi iniqui. In Giappone, diverse persone sono state condannate a morte dopo essere state sottoposte a maltrattamenti, costrette a confessare crimini mai commessi. In paesi come la Bielorussia e l'Uzbekistan un sistema penale pieno di falle e minato dalla corruzione crea terreno fertile per errori giudiziari. Secondo denunce attendibili, le esecuzioni in Uzbekistan avvengono spesso dopo processi iniqui, a seguito di maltrattamenti e torture con lo scopo di estorcere confessioni.
Spontaneamente sorge un interrogativo, come può lo stato arrogarsi il diritto di decisione della vita di un essere umano. Quale potere gli permette di fare ciò?. L' abolizione della pena di morte è una delle più grandi battaglie del nostro tempo da sostenere, perchè punire è legittimo ma uccidere è sempre sbagliato.
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