Italia apri gli occhi!
mercoledì 25 giugno 2008
Se questo è un direttore di un TG...
E' incredibile,come ci siano giornalisti compiacenti fino all'inverosimile,neanche al tempo dei regimi fascisti e comunisti ,c'erano dei giornalisti cosi orribilmente compiacenti, con metodi e tecniche televisive vecchie di 50 anni...
lunedì 23 giugno 2008
Borneo in fiamme
Dal 1990 l'Indonesia ha già perso 28 milioni di ettari di foresta. Se le torbiere venissero distrutte la quantità di gas serra emessa nell'atmosfera si avvicinerebbe all'emissione globale dell'intero pianeta nel corso di un anno: intorno ai 49 miliardi di tonnellate di CO2 e equivalenti. Dai dati raccolti nel rapporto di Greenpeace "Borneo in fiamme" emerge l'inquietante rischio che la degradazione di queste torbiere possa scatenare una catastrofe ecologica in termini di emissioni di gas serra nell'atmosfera. Il caso dell'Indonesia è emblematico in quanto dimostra che il problema delle emissioni dovute alla deforestazione deve trovare una soluzione a livello internazionale.
E se Nutella ditruggesse la foresta?
Il Gruppo Ferrero è il quarto gruppo dolciario al mondo. Attualmente guidato da Pietro e Giovanni Ferrero continua a crescere con 36 società e 15 stabilimenti operativi nel mondo. La Nutella è il prodotto senz'altro più amato della Ferrero, una crema spalmabile a base di Oli Vegetali, Zucchero, Nocciola, Cacao.Dal 2004 Ferrero è il membro ordinario della RSPO. Il nome deriva dalla congiunzione di nut, che significa "nocciola" in inglese, e il suffisso ella per ottenere un nome orecchiabile.
Dalle analisi realizzate da Greenpeace presso due diversi laboratori di analisi in Italia e Germania risulta che la Nutella, il prodotto Ferrero più famoso sul mercato, contiene una frazione di oli vegetali del 31% costituita prevalentemente da olio di palma.Nel recente rapporto "Borneo in Fiamme" Greenpeace ha dimostrato, presentando prove inconfutabili, come proprio i principali produttori di olio di palma della RSPO, tra fornitori della multinazionale Unilever, stiano perpetrando crimini ambientali gravissimi come il taglio a raso della foresta pluviale del Borneo, l'incendio e degrado delle ultime torbiere indonesiane e la cattura ed uccisione degli ultimi oranghi del Borneo e di Sumatra. E se per fare la Nutella si usasse proprio quell'olio di palma? Che garanzie abbiamo che i fornitori di Nutella non siano tra quelli che anche facendo parte della RSPO sono colpevoli di deforestazione? La Ferrero nelle sue risposte è reticente.
Dalle analisi realizzate da Greenpeace presso due diversi laboratori di analisi in Italia e Germania risulta che la Nutella, il prodotto Ferrero più famoso sul mercato, contiene una frazione di oli vegetali del 31% costituita prevalentemente da olio di palma.Nel recente rapporto "Borneo in Fiamme" Greenpeace ha dimostrato, presentando prove inconfutabili, come proprio i principali produttori di olio di palma della RSPO, tra fornitori della multinazionale Unilever, stiano perpetrando crimini ambientali gravissimi come il taglio a raso della foresta pluviale del Borneo, l'incendio e degrado delle ultime torbiere indonesiane e la cattura ed uccisione degli ultimi oranghi del Borneo e di Sumatra. E se per fare la Nutella si usasse proprio quell'olio di palma? Che garanzie abbiamo che i fornitori di Nutella non siano tra quelli che anche facendo parte della RSPO sono colpevoli di deforestazione? La Ferrero nelle sue risposte è reticente.
domenica 22 giugno 2008
Usa, allarme basi nucleari "In Italia sono a rischio"
A rischio alcune basi Nato in Europa dove gli americani nascondono le testate nucleari. "Mancano le misure di sicurezza considerate come standard dal Pentagono" e non messe in atto dai paesi alleati, scrive il dipartimento della Difesa Usa. E tra queste c'è anche quella di Ghedi di Torre, in Provincia di Brescia, dove ci sarebbe un arsenale segreto di una quarantina di bombe atomiche. L'allarmante rapporto riservato dell'Air Force degli Stati Uniti è stato divulgato, sul proprio sito, dalla Federazione degli scienziati americani (Fas). E rivela problemi di sicurezza "molto maggiori nel Vecchio Continente di quanto si conoscesse fino ad ora". I siti militari di cui parla l'indagine, ordinata dopo che lo scorso agosto 6 ordigni atomici vennero imbarcati per errore in un B52 che sorvolò tutti gli Stati Uniti, sono quelli in cui sono custodite le testate nucleari. Queste, si trovano in basi europee controllate dagli Usa (come accade per Aviano, in provincia di Pordenone), ma alcune sono custodite in strutture nazionali (Ghedi Torre) dove sono però materialmente controllate da unità specializzate Usa (Munition Support Squadron). Il rapporto dell'Air Force americana, parzialmente declassificato, suscita apprensione. Non c'è nessuna cifra ufficiale, ma in Europa ci sarebbero almeno 350 bombe atomiche americane nelle basi Nato dislocate tra Belgio, Olanda, Turchia, Italia, Gran Bretagna e Germania.Il dipartimento della Difesa americano ha accertato "problemi agli edifici di supporto, alle recinzioni dei depositi, all'illuminazione e ai sistemi di sicurezza". Inoltre, "a guardia delle basi - rivela il rapporto - vengono impiegati soldati di leva con pochi mesi di addestramento". Nel nostro Paese ci sono una novantina di testate nucleari dislocate tra Ghedi di Torre e Aviano. In queste due basi ci sarebbero tre tipi di ordigni chiamati in gergo "B61-3", "B61-4" e "B61-10", con una potenza complessiva pari a 900 la bomba di Hiroshima. Se esplodessero tutte insieme, sarebbero capaci di cancellare metà dell'Italia. L'ispezione condotta di recente in Italia dal comandate dell'aeronautica Usa in Europa, il generale Roger Brady, avrebbe convinto gli americani a smobilitare proprio la base di Ghedi e a trasferire, in futuro, gli ordigni atomici ad Aviano.
lunedì 16 giugno 2008
La storia del Rock: parte 7
The Who è uno storico gruppo musicale rock inglese originario di Londra, considerato uno dei maggiori gruppi rock'n'roll di tutti i tempi. Le prime apparizioni dal vivo degli Who risalgono al 1964, con quella che è considerata la storica line up del gruppo: Pete Townshend (chitarrista e autore della maggior parte delle canzoni), Roger Daltrey (voce), John Entwistle (basso elettrico) e Keith Moon (batteria). Dopo un breve periodo da portabandiera del movimento Mod inglese, gli Who raggiungono il successo nel 1965, con l'uscita dell'album My Generation, il cui omonimo brano si dimostra essere un successo, nonché uno dei pezzi ancor oggi più conosciuti e rappresentativi della band.
In A Quick One, pubblicato nel 1966, è possibile notare il progredire della ricerca musicale di Townshend verso la realizzazione di un' opera rock a carattere teatrale, che si concretizzerà poi in Tommy (1969) e nella più matura Quadrophenia (1973), nel cui film associato si fece notare un giovanissimo Sting. Del 1978 è anche un documentario sulla storia del gruppo dal titolo The Kids Are Alright (in Italia Uragano Who).
Tra i principali protagonisti della Swinging London, l'influenza della loro musica si può notare nei contemporanei Beatles e Rolling Stones, un'onda lunga che va dai Led Zeppelin ai Sex Pistols, dagli U2 agli Oasis passando per i Pearl Jam.
In A Quick One, pubblicato nel 1966, è possibile notare il progredire della ricerca musicale di Townshend verso la realizzazione di un' opera rock a carattere teatrale, che si concretizzerà poi in Tommy (1969) e nella più matura Quadrophenia (1973), nel cui film associato si fece notare un giovanissimo Sting. Del 1978 è anche un documentario sulla storia del gruppo dal titolo The Kids Are Alright (in Italia Uragano Who).
Tra i principali protagonisti della Swinging London, l'influenza della loro musica si può notare nei contemporanei Beatles e Rolling Stones, un'onda lunga che va dai Led Zeppelin ai Sex Pistols, dagli U2 agli Oasis passando per i Pearl Jam.
La grande musica
Per tutti coloro che vogliono ascoltare le più belle canzoni rock, che ci sono state regalate nel corso degli anni da grandi artisti, ho reso disponibile il mio canale personale di youtube, che ne raccoglie già molte, ma il loro numero aumenterà sempre di più....
Potete facilmente raggiungerlo dalla homepage del blog, lo troverete tra i siti utili. Spero che questa nuova aggiunta sia a voi gradita, e anche se non lo fosse andrà bene lo stesso...
Mi auguro che queste fantastiche melodie vi regalino molte emozioni, come le hanno regalate a me....Che il ROCK sia con voi!!!
Il vento? Energia pulita che avanza ma l'Italia deve sfruttarla di più
L'eolico avanza. Nel mondo, in Europa e in Italia aumenta l'energia pulita prodotta con la forza del vento e, parallelamente, le bollette si fanno un po' più leggere e si intacca meno il "serbatoio" del petrolio: nel 2007 un risparmio di 17 milioni di barili solo nel nostro Paese, secondo i dati dell'Anev, l'Associazione nazionale energia del vento che raggruppa i produttori e gli operatori dell'eolico. Ma non basta, il settore potrebbe dare di più. E' per questo che è stato istituito il "Wind Day", la Giornata europea del vento, che si celebra domani, 15 giugno, in oltre venti Stati europei, tra cui il nostro. L'energia eolica è la fonte rinnovabile che cresce più rapidamente in termini di capacità installata. L'anno scorso è aumentata del 18% in Europa, del 28% in Italia e, a livello globale, il 2007 ha segnato uno storico sorpasso: dal punto di vista dei nuovi impianti l'eolico ha battuto il nucleare. "Sfruttare l'energia eolica significa aiutare l'ambiente, ma anche aumentare la sicurezza energetica, ridurre la dipendenza dall'estero e la fluttuazione dei prezzi dell'energia", spiega il segretario generale di Anev, Simone Togni. Senza contare le ricadute positive sull'occupazione: secondo uno studio dell'associazione, entro il 2020 l'eolico porterà a oltre 50 mila nuovi posti di lavoro. "Non si tratta di fantascienza - dice Togni - visto che in Germania, il paese primo nel mondo per l'energia del vento, in 8 anni gli addetti al settore sono cresciuti di 380 mila unità". E' ancora lontana dalla Germania, ma anche l'Italia negli ultimi anni ha fatto passi avanti nel campo dell'energia prodotta dal vento, con 2.943 impianti eolici distribuiti soprattutto nel Centro-Sud, che garantiscono oltre 2.700 megawatt di potenza. Il che copre circa l'1,1% del consumo interno lordo di energia elettrica. Un miglioramento rispetto al passato, ma ancora poco in confronto alla "ventosissima" Danimarca. Infatti, se l'Italia nel 2007 ha prodotto 4,36 terawattora da fonte eolica, pari al consumo di 5 milioni di abitanti lo stato nordico ne ha prodotti 6,6 ma destinati a una popolazione di appena cinque milioni e mezzo di persone. E in questo modo la potenza eolica di Copenhagen è riuscita a garantire il 20% del fabbisogno pubblico. "L'Italia è molto in ritardo rispetto agli altri paesi europei - continua Togni - basta guardare alla Germania che, prima in Europa con oltre 22 mila impianti, ogni anno installa più pale di quante non ne siano state installate da noi in 15 anni". Altro esempio virtuoso che il Belpaese potrebbe seguire è quello dei "cugini" spagnoli. La Spagna nel marzo scorso ha stabilito un record energetico: con l'eolico ha coperto quasi la metà della domanda nazionale di elettricità, il 40,8%. Le regioni che in Italia hanno il maggior numero di impianti sono: La Sardegna che attualmente produce 367 megawatt di potenza in 370 impianti, la Puglia (658 impianti per 685 megawatt), la Sicilia (631 "girandole a vento" e 583 megawatt) e la Campania (606 impianti, 519megawatt).
martedì 10 giugno 2008
Ecomafia: "Campania prima per illegalità ambientale"
Al secondo posto dopo la Campania, nella classifica, c'è la Calabria. Nelle due regioni si concentra il 30% degli illeciti registrati in tutta Italia. Al terzo posto la Puglia, seguita da Lazio e Sicilia. La prima regione del Nord come numero di infrazioni è la Liguria. Alla dimensione globale dell'ecomafia è dedicata un'ampia sezione del rapporto: dall'Italia escono rifiuti verso Hong Kong, la Tunisia, il Pakistan, il Senegal, la Cina, e, invece, entrano dalla Croazia, dalla Serbia, dall'Albania. Il bilancio del 2007 è di 83 reati contro l'ambiente al giorno, oltre 3 reati ogni ora. Gli illeciti accertati dalle forze dell'ordine nel corso del 2007 sono stati oltre 30mila, il 27,3% in più rispetto al 2006; le persone denunciate poco più di 22mila, con un incremento del 9,7%; i sequestri effettuati oltre novemila (+19% rispetto al 2006). Per illegalità nel ciclo dell'immondizia è sempre in testa la Campania. Lo smaltimento illegale di rifiuti pericolosi, spesso di provenienza extraregionale, si somma alla gestione commissariale di quelli urbani. Un balzo in avanti per il Veneto, al secondo posto (era sesto lo scorso anno) il che conferma lo spostamento verso nord del baricentro di questi traffici, non solo come zona di procacciamento degli scarti industriali smaltiti illegalmente nelle regioni centrali e meridionali d'Italia, ma anche come sito finale. La Puglia si mantiene al terzo posto e il foggiano si conferma una terra dove si scaricano illegalmente, nei terreni agricoli, i rifiuti prodotti dal centro-nord, scorie sempre più spesso spacciate per compost. "Le ecomafie gestiscono nel nostro Paese un vero e proprio sistema eco-criminale, flessibile e diversificato, al quale dobbiamo contrapporne uno legale ed eco-sostenibile - commenta Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente - rilanciamo la proposta di introdurre i delitti contro l'ambiente nel Codice penale, per punire chi avvelena l'aria che respiriamo, inquina l'acqua, saccheggia il territorio, minaccia la nostra salute, penalizza le imprese pulite. Esistono proposte di legge condivise e un quadro di riferimento comunitario sostanzialmente definito. Servono la volontà politica e il tempo per farlo, due condizioni che ci auguriamo siano soddisfatte in questa legislatura". Cresce il numero d'infrazioni (7.978, +13% rispetto al 2006), quello delle persone denunciate (10.074) e dei sequestri (2.240). Quanto all'abusivismo edilizio, le stime del Cresme parlano per il 2007 di 28mila case costruite illegalmente contro le 30mila del 2006 e le 32mila del 2005. L'impegno a non promulgare mai più condoni edilizi, insieme a qualche demolizione, ha ridotto la pressione del mattone selvaggio. Sono 225mila gli ettari di boschi e foreste andati in fumo, 18 le persone uccise dalle fiamme, 7 milioni e mezzo le tonnellate di Co2 rilasciate nell'aria: questo il bilancio degli oltre 10mila incendi dell'estate 2007 nel nostro Paese, quasi sempre di natura dolosa.
lunedì 2 giugno 2008
Sono a rischio 400 milioni di persone
Le bombe a grappolo, progettate in origine dai tedeschi e usate per la prima volta durante i blitz contro l'Inghilterra, hanno una storia lunga quanto insanguinata: oggigiorno, infatti, ci sarebbero circa 400 milioni di persone, disseminate su 25 paesi, specialmente bambini, a rischio per le conseguenze dei bombardamenti.Le bombe a grappolo - «cluster bomb», in inglese, messe al bando dai 109 paesi presenti alla Conferenza Internazionale di Dublino - sono infatti ordigni che, prima di toccare terra, rilasciano decine di mini-ordigni che in teoria dovrebbero esplodere all'impatto con il suolo, ma che in pratica restano in agguato sul terreno pronti ad uccidere al minimo contatto anche a distanza di anni. Il tipo impiegato dai tedeschi durante la Seconda Guerra, la temibile «bomba farfalla», fece la sua ultima vittima nel novembre del 1956, ben 11 anni dopo la fine del conflitto. Gli inglesi pensarono bene di tenere segreto il loro effetto, tanto era letale, per non incoraggiare i tedeschi ad usarle. Ciononostante, le bombe a grappolo vennero in seguito sviluppate indipendentemente da Stati Uniti, Russia e Italia, e vennero usate 'dovunque nel mondo. Secondo i dati forniti dalla ong belga «Handicap International» - autrice di un puntuale studio sugli effetti delle «cluster bomb» - il numero minimo di bombe a grappolo scaricate dal 1965 a oggi, calcolato sulla base di dati certi reperiti in soli 9 Paesi, ammonta a 440 milioni di pezzi. Sempre secondo HI, il 98% delle vittime delle bombe a grappolo sono civili, il 76.8% dei quali sono maschi, dal reddito modestissimo e spesso sotto i 18 anni. Nel Libano del Sud, ad esempio, quasi il 90% della terra usata per la pastorizia e l'agricoltura è oggi contaminata dalle bombe a grappolo inesplose lanciate dalle forze armate israeliane durante la guerra dell'estate 2006, altrettanto pericolose quanto le mini anti-uomo.Le vittime accertate, in tempo di pace, sono 13,306, «sebbene - sottolinea il rapporto HI - il 96% degli incidenti abbia luogo in regioni del mondo dove la collezione dei dati è incerta, circostanza che fa certamente aumentare il numero delle vittime». «Se mettiamo insieme coloro che sono caduti durante gli attacchi a quelli che sono stati colpiti a causa delle contaminazioni», ha detto Marc Joolen, direttore di Handicap International, «il panorama che si ottiene è di una desolante devastazione umana». Anche perché, secondo quanto osservato da HI, spesso e volentieri le bombe a grappolo vengono usate in prossimità di obbiettivi civili, sostituendo l'uso delle truppe di terra - così la NATO in Kosovo. I paesi maggiormente colpiti dal fenomeno sono: Afghanistan, Albania, Arabia Saudita, Bosnia e Herzegovina, Cambogia, Ciad, Cecenia, Croazia, Eritrea, Etiopia, Iraq, Israele, Kosovo, Kuwait, Laos, Libano, Montenegro, Nagorno-Karabakh (Azerbaijan), Serbia, Sierra Leone, Sudan, Siria, Tajikistan, Vietnam e Sahara Occidentale (Marocco).
Il mondo dice no alle cluster bomb
E' una firma storica quella che a Dublino i rappresentanti di 109 nazioni hanno posto sotto al trattato per la messa la bando delle «cluster bomb», le cosiddette «bombe a grappolo» che dividendosi in centinaia di ordigni minori al momento dell'esplosione rischiano di causare - e peraltro già causano, visto che sono state fino ad oggi ampiamente utilizzate - migliaia di vittime innocenti. Le piccole bombe sparpagliate da ognuno di questi ordigni restano infatti spesso inesplose e restando nel terreno rischiano poi di colpire, anche a distanza di anni, soprattutto la popolazione civile.Nella capitale irlandese l'accordo è stato raggiunto con molta difficoltà, soprattutto perché al provvedimento manca l'avallo degli Stati Uniti. La svolta è arrivata invece con l'adesione dell'alleato storico di Washington, la Gran Bretagna, che dopo un iniziale parere contrario ha deciso di passare nel novero dei sostenitori della messa al bando. I Paesi firmatari avranno otto anni di tempo per smettere di costruire, stoccare, commercializzare gli ordigni, e per distruggere gli arsenali. Nel documento si prevedono anche misure di assistenza per le vittime civili, che a migliaia ogni anno vengono ferite o uccise dalle bombe a grappolo disseminate dai conflitti. Tuttavia, in determinate circostanze, i paesi che aderiscono al trattato potranno svolgere operazioni internazionali accanto a paesi che non hanno partecipato al negoziato, una deroga sgradita agli attivisti anti-bombe.Tra coloro che terranno i proprio arsenali, e che non hanno partecipato al summit di Dublino, ci sono i già citati Stati Uniti, Israele, la Cina, la Russia, l'India e il Pakistan. Resta però la speranza che la moral suasion che potrà esercitare l'adesione proclamata a gran voce della gran parte delle nazioni del mondo, possa indurre anche questi Paesi a fare sempre meno ricorso agli ordigni a frammentazione. Gli Stati Uniti hanno reagito all'accordo internazionale raggiunto a Dublino sul bando delle bombe a grappolo ribadendo di considerare questo tipo di arma «essenziale per le truppe Usa e per la loro sicurezza». Gli Stati Uniti, che non hanno aderito all'accordo, sono tra i maggiori produttori e utilizzatori di bombe a grappolo insieme a paesi come Israele, Russia, Cina, India e Pakistan. «I nostri comandanti militari sono convinti che questo tipo di arma sia assolutamente critico ed essenziale alle nostre truppe per portare a termine le missioni a loro affidate in modo sicuro e appropriato», ha detto il portavoce del Dipartimento di Stato Tom Casey.
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